giovedì 19 marzo 2015

DADDY



"Non mi ha mai detto come vivere: ha semplicemente vissuto e ha lasciato che lo osservassi." 
Clarence Budington Kelland


A te che mi hai aspettato quando ero piccola e anche un po' quando ero più grande, fuori dai locali per non farmi tornare a casa in due in motorino. 
A te che c'eri solo la domenica ma anche se eri esausto mi portavi a spalle.
A te che mi hai insegnato a giocare a scacchi a 6 anni e alle nostre sfide (che io in fondo in fondo lo so che con la coda dell'occhio guardavi anche la partita).
A te che mi portavi a vedere "Schindler's List" mentre gli altri andavano a vedere i cartoni.
Ai chilometri che abbiamo macinato tra le sale del Louvre, ai gradini che abbiamo salito per vedere dall'alto una città nuova e all'isola d'Elba e alla Toscana, che se ci ripenso mi sembra che era quella cosa lì, essere felici. 
Alle partite di pallavolo, alla casa delle Barbie che mi hai fatto tu e alle migliaia di patatine che hai fritto.
Alla musica che suonavi e io ascoltavo di nascosto e a quella che ascoltiamo insieme in macchina o a teatro. 
Alla tua copia di "Sandokan" che mi ha fatto credere per almeno un mese che da grande avrei fatto il pirata (o, alla peggio, la scrittrice).
Ai mondi che abbiamo visto insieme e a quelli di cui mi hai raccontato, anche senza averli visti.
Ai miei amici che ti conoscono e un secondo dopo sono già lì a farmi i complimenti per come sei.
A quelle volte allo stadio che mi hai tirato fuori dai casini mentre volavano bottiglie. 
A quel giorno a Varanasi mentre il sole sorgeva sul Gange. 
A tutte le volte che ho avuto un incidente e tu arrivavi.
Al mio cane nero che adesso è diventato il tuo. 
A quando mi hai detto che al bar ti hanno fatto i complimenti per le mie foto. 
Alle lezioni di guida e a quanto ci siamo odiati quando dovevo fare il parcheggio in retro.  
Ai nostri dischi di Jimi Hendrix. 
Al pic nic al lago e alla bottiglia di prosecco che hai portato apposta per me. 
Al divano che ancora oggi mi cedi quando torno a casa.
Ai momenti che ci siamo capiti anche senza parole. 
A quelli in cui non ci siamo capiti nemmeno dopo mille parole. 
Perchè comunque vada prima o poi ci vediamo a casa. 
Perchè mi hai insegnato ad accettare con serenità le cose che non posso cambiare, a trovare il coraggio di modificare quelle che posso e soprattutto a capire dove sta la differenza.

AUGURI PAPA'. 


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